Entrando nella Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani la maestosità della Scuola di Atene di Raffaello travolge lo sguardo; al centro della monumentale architettura Platone, e nelle sue mani il Timeo. E che proprio il Timeo sia “al centro del centro” non può stupire. Questo dialogo è senza dubbio uno tra i testi fondamentali della tradizione filosofica occidentale, al punto da essere definito un’icona culturale, e la sua influenza, diretta e indiretta, percorre i venticinque secoli che ci separano da Platone e si irradia per un vasto spettro di ambiti – la filosofia, certo, ma anche, ad esempio, la teologia, le matematiche e la medicina.
Perché una nuova introduzione monografica e un nuovo commento? Perché, nonostante tale centralità filosofica e culturale, e benché il Timeo possa essere considerato una summa del pensiero di Platone, esso rappresenta ancora un enigma abissale. In effetti, l’ampiezza e la ricchezza della tradizione esegetica che ha riguardato il dialogo è direttamente proporzionale non all’assommarsi progressivo di letture condivise, ma – paradossalmente – al riproporsi di conflitti interpretativi che si protraggono fin dai decenni subito successivi la morte di Platone: in breve, è paradossale che su una tale icona culturale non ci sia accordo nemmeno relativamente ad aspetti generalissimi e fondativi.
Basti pensare in questo senso a due problemi filosoficamente cruciali e tra loro correlati. Come noto, figura centrale nel piano narrativo del racconto sulla generazione del cosmo è il demiurgo, un intelletto divino buono che organizza il cosmo mirando al bene. Questa figura è di fatto pervasiva nel racconto e sembrerebbe per questo irrinunciabile nella cosmologia di Platone; tuttavia, essa rimane al centro di un intenso dibattito e a tutt’oggi gli studiosi divergono su come sia opportuno interpretarne il ruolo e l’importanza. Da un lato è possibile leggerla in senso letterale, individuando così nel Pantheon platonico un dio intelligente che genera artigianalmente il cosmo; al capo opposto dello spettro esegetico è invece possibile considerare tale figura come una metafora di cui Platone si sarebbe servito per alludere alla potenza causale dell’intelligibile. D’altro canto, forse ancor più eclatante è la divergenza relativa all’interpretazione complessiva della cosmologia platonica: il racconto di Timeo sembra fare riferimento a un istante in cui il cosmo viene prodotto insieme al tempo, che ne regola i ritmi naturali; d’altra parte, anche in questo caso è possibile attribuire a Platone una posizione in realtà eternalista, per cui il cosmo è sempre esistito e la generazione che gli viene attribuita si riferisce non a un evento, bensì a una condizione ontologica, ossia la circostanza che l’universo è una realtà generata.
Tali divergenze, come accennato, emersero già nell’Accademia, subito dopo la morte di Platone, e risultano non solo presenti, ma addirittura ampliate e accentuate nel panorama degli studi contemporanei, nel quadro del quale esse (con molte altre) si riflettono in una molteplicità di argomentazioni complesse e sfumate. È proprio qui che emerge una delle ragioni dell’importanza di un nuovo commento al dialogo e della comprensiva e articolata introduzione, di fatto un ampio studio monografico, che apre il volume. Quest’opera ha infatti tra le sue finalità quella di rendere ampiamente conto delle varie posizioni espresse dagli studiosi, mostrandone i punti di forza, analizzandone le implicazioni filosofiche e le articolazioni argomentative, pur senza rinunciare a prendere posizioni originali, anche nette, e considerando in ogni caso la complessità dei problemi in questione e la necessità di ridiscutere continuamente le acquisizioni cui si perviene.
Perché una nuova traduzione e un nuovo testo critico? Le ragioni delle divergenze interpretative a cui ho fatto precedentemente riferimento risiedono senza dubbio anche nello stile peculiare di questo dialogo, che consiste per la quasi totalità in un unico grande e articolato racconto dallo stile complesso e dagli echi letterari densissimi, un racconto peraltro narrato, nella sua configurazione drammatica, da Timeo, un filosofo di altissimo livello. In questa cornice non stupisce che in alcuni passaggi cruciali del testo ricorrano espressioni ambigue, soggette a letture e interpretazioni anche estremamente differenti, che rendono difficile una comprensione immediata. Ciò rende il compito del traduttore estremamente arduo – per certi versi disperato – e al contempo fa sì che nuovi esperimenti di traduzione siano sempre necessari. La linea metodologica adottata in questa edizione è quella di rendere nel modo più letterale possibile il racconto di Timeo, tentando di fornire anche a chi non conosce il greco antico almeno la percezione dei giochi etimologici, delle allusioni letterarie, delle sfumature lessicali e sintattiche che ricorrono nel racconto. Soffermandosi in particolare su questi aspetti, dunque, questa nuova traduzione non è certo volta a superare le altre esistenti, spesso di ottimo livello, ma a fornire un diverso paradigma tecnico nella traduzione di questo complesso dialogo e a supportare nel modo più efficace possibile l’interpretazione filosofica dell’opera.
A ciò si aggiunge il fatto che la presente traduzione è basata su un testo critico interamente nuovo, basato sull’ispezione diretta e sulla collazione di un numero ben maggiore di testimoni primari rispetto a quelli che comparivano nella classica edizione di Burnet, oltre che sul trattamento sistematico e capillare della tradizione indiretta. Le ripercussioni di questa operazione si riflettono su almeno tre livelli. In termini generali, il testo diverge da quello di Burnet in svariate decine di luoghi. Nello specifico, in alcuni casi il testo stampato in questa edizione apre alla possibilità di un’interpretazione filosofica del tutto diversa da quella che emergeva nelle precedenti edizioni, il che induce a ripensare alcuni degli elementi filosofici centrali della posizione di Platone. Infine, anche nel caso in cui il testo non venga modificato rispetto a quello tradizionalmente accettato, l’apparato critico è costruito in modo tale da rendere conto della complessità e della ricchezza della tradizione manoscritta e di quella indiretta, specie grazie all’analisi puntuale del più affascinante testimone medievale del dialogo, ovvero il Parigino greco 1807, e all’uso di una recentissima edizione critica del Commento al Timeo di Proclo.
Perché un’appendice dedicata ad aspetti scientifici? Un ultimo aspetto che vale la pena di sottolineare riguarda quelle sezioni del racconto di Timeo che sono alla base, a diversi livelli e in diversi sensi, della tradizione scientifica occidentale. In effetti il Timeo racchiude in sé discussioni di grande complessità tecnica, che vanno dalla teoria armonica all’astronomia, dalla geometria alla medicina, discussioni che sono rimaste come punto di riferimento fondamentale per il progresso scientifico nella tarda antichità, nel medioevo e spesso nell’età moderna. Un esempio sarà qui sufficiente. Nel suo conferire all’anima cosmica una struttura, il demiurgo la compone secondo un preciso pattern numerico. In realtà nelle poche oscure righe in cui Platone descrive questa operazione si racchiude la produzione di una specifica scala musicale, dotata di peculiarità tecniche e fondamentali implicazioni filosofiche, per cogliere pienamente le quali una discussione mirata corredata di tavole, come quella presente in questo volume, è assolutamente essenziale.