Le Etopiche di Eliodoro, risalente al IV secolo d.C., è l’ultimo romanzo greco che ci sia pervenuto. Racconta l’odissea della principessa etiope Cariclea, che la madre espone alla nascita perché è nata bianca. Da Meroe viene trasportata in Egitto e da lì a Delfi, dove si innamora del tessalo Teagene. Con lui si rimette in viaggio per tornare in patria, e dopo aver subito mille ordalie —tempeste, pretendenti tirannici, guerre, torture— e sfiorato ripetutamente la morte i due giungono a Meroe. Ma le minacce non sono finite, perché la coppia è destinata al sacrificio. Cariclea viene riconosciuta dalla sua famiglia in extremis, e dopo altre peripezie può finalmente unirsi in matrimonio all’amato.
Dei romanzi greci quello di Eliodoro è il più lungo e il più complesso. Da sempre ammirata la sua struttura narrativa. Si apre con una frase che cattura il lettore: “Il giorno cominciava appena a sorridere e il sole illuminava le creste dei monti, quando degli uomini armati da briganti sbucarono da una delle colline che dominano le foci del Nilo…”; e continua con una successione di scene che pongono più interrogativi di quanti non ne risolvano e con racconti inscatolati l’uno nell’altro, in cui i percorsi dei personaggi si intrecciano. La suspense della narrazione, anch’essa ammirata da lettori antichi e moderni, dura fino alle ultime parole, che disvelano gli ultimi misteri di un oracolo che preannunciava alla coppia il coronamento felice delle loro vicende.
Complesso è non solo l’impianto narrativo ma l’amalgama di riferimenti letterari, prima di tutto all’Odissea, che impronta l’andamento e importanti tematiche del romanzo e dove lo spettro di Odisseo fa persino un’apparizione, ma anche al dramma, alla storiografia, e ad autori più vicini al romanziere, come Filostrato. La critica bizantina, poi cinque- e seicentesca, loda il romanzo per la sua erudizione, che ne fa un testo educativo, adatto ai giovani. Lo stesso vale per l’amore dei protagonisti, che è assoluto e irrinunciabile ma castissimo, e il cui coronamento è presentato come un’iniziazione ad arcani misteri religiosi.
Questa nuova edizione presenta un’estesa introduzione che entra in merito ai dibattiti anche più recenti sull’interpretazione delle Etiopiche. Dedica inoltre un grande spazio all’influenza incalcolabile che ha esercitato da Bisanzio all’Europa moderna, dove, oltre ad essere apprezzato dai critici, diventa anche una fonte d’ispirazione per romanzieri, a partire da Cervantes, nonché per drammaturghi, tra cui si contano Racine e Shakespeare, e poeti epici come Tasso, la cui Clorinda tanto assomiglia a Cariclea.