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Prof. Donato Loscalzo, Lei ha curato l’edizione del libro Democrazia. La nascita, il consolidamento, i consensi edito da Fondazione Lorenzo Valla e Mondadori: a quando facevano risalire, i Greci, la fondazione della democrazia?
Bisogna distinguere tra Greci e Ateniesi in particolare. Questi ultimi considerarono la democrazia una forma politica connaturata alla loro storia, risalente addirittura alla fondazione della città da parte del mitico Teseo. In questo modo ritennero che Atene era democratica sin dall’origini e che quindi questo sistema fosse espressione di una loro superiorità culturale. Per questo in genere la democrazia delle altre città greche fu ritenuta importazione ateniese. Bisogna distinguere, inoltre, tra origine e nascita della democrazia. L’origine è da individuare nella cultura stessa dei Greci: le prime forme di assemblee e di consigli le troviamo addirittura nel mondo omerico che è testimonianza di una società aristocratica. Se si vuole pensare alla nascita ufficiale della democrazia come sistema politico, invece, gli storici antichi la fanno risalire a Solone oppure a Clistene (508-7 a.C.). Credo che la riforma clistenica sia quella che realmente costituì l’atto di nascita della democrazia, in quanto previde una divisione dei cittadini non sulla base dei ceti sociali di appartenenza, ma su base territoriale, fatto che allargò notevolmente e garantì a molti la partecipazione alla vita politica e la eleggibilità a vari cariche istituzionali.
Quale sistema di valori e quali prospettive sociali e culturali caratterizzavano la visione democratica?
La democrazia si fonda essenzialmente su due pilastri. Da una lato l’idea di libertà, dall’altro quello di uguaglianza. Trovare «la libertà nell’uguaglianza» è forse il motore che dovrebbe essere alla base dei sistemi democratici. Se si punta troppo sulla prima si eccede nella disuguaglianza, se invece di forza troppo la mano nella ricerca di uguaglianza si perdono conseguenzialmente molte libertà. Trovare il giusto equilibrio è la vera scommessa della democrazia. Da questo punto di vista i teorici della democrazia, cioè i Greci antichi, hanno molto da insegnare perché a lungo hanno dibattuto proprio su questi temi. Molti sostengono, in parte a ragione, che non possiamo confrontare le nostre democrazie con quelle antiche perché quelle si fondavano sullo schiavismo e d escludevano gran parte dei cittadini, e soprattutto le donne, dalla gestione del potere. Però è utile ricordare che il termine democrazia è stato coniato proprio da loro e che, viceversa, è insufficiente usarlo quando parliamo dei sistemi politici attuali (non a caso, Robert A. Dahl parlava di poliarchie più che di democrazie) perché nei secoli sono state messe in atto e teorizzate diverse forme di questo sistema.
In che modo la saggezza etica e politica dei poeti arcaici e classici costituì il terreno fertile sul quale si innestò la nascente democrazia?
Indubbiamente la lirica greca fornì un notevole contributo ai dibattiti e alla relativizzazione dei valori, mostrando come ci fossero diversi punti di vista e diverse prospettive. Non solo un relativismo critico ma anche l’idea della reciprocità, dello scambio reciproco, trovano nei poeti lirici di VII e VI secolo voci di dissenso che apriranno interessanti scenari alla formazione di un pensiero non omologato, nella esaltazione della soggettività. Per esempio il poeta Archiloco che dà voce alla gente comune, come poteva essere a un carpentiere, fa notare come le prospettive sociali e la scala dei valori in ogni gruppo sociale siano diversi; ancora Archiloco invita un certo Esimide a non preoccuparsi della critica delle gente per raggiungere il piacere individuale; Saffo, quando dice che la cosa più bella è ciò che ciascuno ama, ribalta l’idea che ci sia un unico mondo di valori. I lirici con il loro relativismo hanno indotto non solo a sviluppare un giudizio autonomo, ma anche a trovare un principio di convivenza tra i diversi modi di pensare e di valutare.
Sono questi fondamenti culturali essenziali che costituiscono il terreno su cui si pianta la coscienza democratica. A livello politico, importante è la ricerca di una sintesi di questi diversi pareri, che avrebbe dovuto verificarsi nei dibattiti assembleari.
Quali autori incarnano maggiormente, nelle loro opere, i valori democratici?
Il teatro è davvero la tribuna attraverso la quale si consolida e si fortifica la cultura democratica. I drammaturghi perseguono il compito della poesia lirica di mostrare come si possa vivere in un contesto di espressione di diversi punti di vista e di diverse istanze, e per questo la scena teatrale è il luogo in cui la democrazia ateniese ricevette la sua più alta forma di propaganda. A ciò contribuirono vari fattori: innanzitutto il teatro è la forma d’arte che si fonda sulle discussioni e sulla dialettica, allo stesso tempo i poeti tragici, a iniziare da Eschilo, celebrarono la democrazia ateniese come un faro di civiltà contro quei popoli (penso soprattutto ai Persiani) o quelle altre città, come Tebe, governate da diverse forme di governo. Pur nella critica di alcune leggi promulgate dalla democrazia, o nell’irriverenza di un autore come Euripide, la tragedia e la commedia si prefissero il compito di sostenere il sistema democratico, lodandone in primis la capacità di dare voce al popolo. Infatti i tragediografi in particolare celebrano la libertà di parola, che assume ad Atene una doppia accezione: la parrhesia, che è la libertà di parlare ed esprimere il proprio dissenso e si riferisce soprattutto ai contenuti, e l’isegoria che è invece la possibilità data a tutti di poter esprimere il proprio parere nelle assemblee e nei consigli. In quest’ultima accezione la libertà di parola presuppone l’impegno da parte dello stato di fornire a ciascuno gli strumenti critici e di formazione utili alla comprensione dei fatti e di conseguenza all’espressione dei propri pareri personali. Il pericolo, sempre tenuto in considerazione, è che lo sprovveduto in assemblea può lasciarsi condizionare dei rhetores, cioè dai politicanti, che parlano bene e sono convincenti, pilotando le scelte della massa. Aristofane, inoltre, era convinto che il teatro dovesse garantire una coscienza politica e la felicità agli Ateniesi suoi contemporanei.
Quali forme assume, nella lirica di Solone, la celebrazione dell’eunomia?
L’Eunomia come forma di Buon Governo, capace di scongiurare i pericoli di guerre sociali e disordini in città, è forse un tema costante dei primi legislatori greci. Uomini di spessore culturale e lungimiranti, come Solone, furono chiamati dalle varie poleis greche a fornire un modello di costituzione ideale, soprattutto in quelle città che assistevano all’emergere delle classi mercantili che si opponevano al potere aristocratico dei proprietari terrieri. Eunomia non significa propriamente “buon governo”, ma “buona distribuzione”, da intendere come assegnazione di una parte a ciascun cittadino in modo che non abbia a sentire troppo la differenza con gli altri e possa avere una sua posizione degna nella comunità. Solone fa notare come la sete di denaro e di potere porti a una grave instabilità e soprattutto al fiorire di ingordi capipopolo, privi di scrupolo, che pur di conseguire i propri obiettivi mandano in rovina l’intera comunità.