Roberto Mussapi, Avvenire
Cynthia è il nome, la parola con cui iniziano le Elegie di Properzio: «Cinzia per prima con i suoi begli occhi mi ha catturato». Chiaro sin dall’inizio che abbiamo aperto un libro il cui tema e soggetto è la donna come conquistatrice, assoluta. Siamo lontanissimi dalla conquista della terra, della gloria, della poesia epica di alcuni suoi amici, dal Virgilio dell’Eneide, dove la donna, lungi dall’essere conquistatrice e meta suprema, è sempre vittima, Creusa, la moglie che Enea perde per strada, Didone, che il pio eroe abbandona fuggendo. Paolo Fedeli, curatore di un esemplare volume dell’esemplare Fondazione Lorenzo Valla- Mondadori, Properzio. Elegie (pagine 420, euro 47,50) sottolinea con forza come il poeta romano nato ad Assisi, ponendo al centro della poesia e della vita una donna, sul modello dell’amatissimo Catullo, si contrappone a quella che di fatto è la cultura dominante: i valori della Roma di Augusto, dedito al recupero di quelli antichi, maschili, guerrieri, civili e politici. Properzio, che, pur povero, rifiuta di seguire il suo protettore al governo di una provincia – trasferimento che significa vita agiata, lussuosa, ricchezza – per vivere a Roma gli spasimi d’amore e gli spasimi del verso, è, come ben dice Fedeli, un sovvertitore di valori. Al centro del mondo, l’amore, forza assoluta. Nei versi in cui il latino crea una lirica elegiaca epistolare assoluta, un libro in cui ogni poesia è una lettera, quasi tutte a Cinzia. Un libro che incantò Ezra Pound, il quale collocò l’autore tra i suoi maestri, accanto al cinese Li Po, a Cavalcanti, Villon, sotto l’ala di Omero e Alighieri: «Pazzo chi vuol porre limiti alla follia d’amore,/ il sole imbriglierà cavalli neri,/ la terra produrrà grano dall’orzo,/ il fiume risalirà alla sua sorgente,/ i pesci nuoteranno in torrenti secchi,/ prima che amore conosca freno». Omaggio a Sesto Properzio è un capolavoro properziano di un grande poeta del Novecento, esaltazione della forza suprema che, attraverso la poesia, muove il mondo. «Cinzia per prima con i suoi begli occhi mi ha catturato,/ infelice: nessun Cupido mi aveva mai trafitto./ Allora Amore ha piegato il mio sguardo sempre superbo». Riprendiamo il primo verso, l’inizio del libro, libro infuocato d’amore, flash su qualche scena che appare come in un film da queste liriche epistolari, da leggere ascoltando Love letters di Elvis: Cinzia è su una spiaggia, al mare, lontano da Roma, un pretore, un ricco, l’ha invitata sulla sua nave per questa vacanza amorosa. Properzio scrive del suo cuore ferito, della sua gelosia. Tema canonico nella poesia lirica antica: da Saffo a Catullo, con il leggendario «Odi et amo», «Odio e amo». Non è solamente l’ossimoro più famoso della poesia d’amore, ma anche il primo grande monologo in cui la lirica si fa teatro. La potenza del monologo che pare gettato in pasto allo spettatore da un palcoscenico che è il cuore messo a nudo. «Essere o non essere», il verso di Catullo prelude al monologo shakespeariano, è già fuori dalla chiusa sfera dell’io, è in scena. Properzio analogamente esce dalla scena, travalicandone i confini: la sua poesia lirica, la pagina in cui esprime i suoi drammi d’amore, è infatti una lettera: la lirica coincide con l’epistola, il canzoniere è un epistolario d’amore. Cynthia: per alcuni, il titolo del libro, indica il soggetto e induce naturalmente a intitolare le epistole evocando il nome della donna. Ma studi filologici, come sottolinea Paolo Fedeli, ipotizzano che Cynthia sia il titolo del poeta non per celebrare la donna amata, ma semplicemente perché ‘Cinzia’ è la prima parola con cui il libro ha inizio. Questione significativa, dal punto di vista filologico. Ma dal punto di vista poetico il problema svanisce: perché se il nome della donna è la prima parola, ciò significa che dal suo nome è nato il libro; dal suo nome, da lei. Da lei la prima parola, la scaturigine dall’amore e del verso.