Anonimo
Sul sublime
A cura di Stephen Halliwell
Con un saggio di Massimo Fusillo
Traduzione di Laura Lulli
720 pagine
ISBN: 9788804738046
I cavalli degli dèi balzano in aria d’un colpo quanto lontano abbraccia con gli occhi un uomo che da un’altura scruta il mare colore del vino: Omero, nell’Iliade, misura «il loro slancio su distanze rapportate all’universo intero», e se quei cavalli saltassero due volte non ci sarebbe più spazio al mondo. Nell’Odissea quello stesso Omero, ora vecchio, è come un sole al tramonto, «simile all’Oceano che retrocede in sé stesso e si isola nei propri confini». L’Iliade è capace di rappresentare il divino come grande, immacolato, puro. Allo stesso modo il libro biblico della Genesi, raccontando «Dio disse: sia la luce. E la luce fu», fa mostra della medesima sublime potenza. Chi parla così è l’autore, al quale non riusciamo a dare un nome, del breve trattato Sul sublime, quello che, dopo la Poetica di Aristotele, ha conosciuto maggior fortuna nella cultura occidentale; colui che ha consacrato per sempre la nozione di tutto ciò che è elevato, possente di sentimento, agonistico, vibrante nel cuore stesso degli esseri umani, e nella letteratura: nell’epica, nella tragedia, nella lirica, nell’oratoria – in Omero, Saffo, Sofocle, Platone, Demostene. «Una sorta di apice e perfezione dei discorsi», e «un punto di partenza grazie a cui i massimi poeti e prosatori primeggiarono e abbracciarono l’eternità con la loro fama», ecco cos’è il sublime per questo scrittore: il quale sostiene altresì che sua caratteristica precipua è l’appagare il pubblico «con la sensazione che gli ascoltatori stessi abbiano creato quello che hanno ascoltato», perché il sublime predispone alla grandezza del pensiero e richiede, ma anche restituisce, una «contemplazione reiterata».